Il Movimento – parte 11
Mentre fuori casa si combatte una guerra sanguinosa e costosissima sia in termini umani, sia in termini economici, ‘in casa’ un americano su sette vive sotto la soglia della povertà, specialmente negli Stati del Sud (e tra questi, specialmente in Mississippi).
I cittadini vogliono riconquistare le attenzioni della nazione.
“Lo Stato ha fallito” dichiara Martin Luther King “perché è più interessato a mantenere lo status quo che l’umanità”
Indice:
- La terra promessa 1967-1968
- Poor People’s Campaign
- La fine di un’era: 4 Aprile 1968
La terra promessa
1967-1968
Il discorso pubblico che Martin Luther King tiene nel 1967 di fronte alle TV, non è gradito né dal presidente Lyndon B. Johnson, né dallo stesso Movimento che lo accusa di allontanarsi dalla causa primaria della loro battaglia: i diritti civili del popolo afroamericano.
L’FBI inizia ad indagare segretamente sulla vita del predicatore con l’unico obiettivo di screditarlo davanti all’opinione pubblica.
Intanto viene proposta da King e altri attivisti una marcia su Washington per ottenere dal Governo risposte ai principali problemi di giustizia sociale che affliggono la Nazione.
- Poor People’s Campaign
La marcia viene organizzata nel quartier generale di King ad Atlanta: è qui che inizia a raccogliere volontari e soldi.
Le voci della preparazione di questa marcia arrivano fino a Memphis dove un gruppo di sanitation workers (operatori ecologici) sta lottando per formare un proprio sindacato con l’obiettivo di chiedere condizioni lavorative migliori e un salario più alto. Proprio in quei giorni due uomini muoiono sul lavoro e le loro famiglie scoprono di non aver diritto ad alcun risarcimento.
E’ la goccia che fa traboccare il vaso.
Si organizzano per una marcia picchettando con cartelli che recitano: ‘I Am a Man’.
Chiedono l’intervento e il supporto del Reverendo King.
Il 18 Marzo 1968 Martin Luther King li raggiunge e tiene, per l’occasione, un discorso.
I sanitation workers, intanto, sono entrati nella settima settimana di sciopero.
C’è violenza per le strade e di conseguenza paura per l’incolumità di King.
Il suo entourage è preoccupato: se non dovesse essere in grado di gestire una rivolta violenta a Memphis, come potrà gestire un mass movement come quello della Poor People’s Campaign nella capitale di Stato, Washington D.C.?
La fine di un’era
4 Aprile 1968
Mentre l’FBI lo monitora, King torna numerose altre volte a Memphis in supporto ai lavoratori.
L’ultima volta lo fa il 4 Aprile 1968.
Alle 18.01 di quello stesso giorno viene ucciso al Lorraine Motel (un motel segregato per soli neri dove pernottava), appena fuori dalla porta della sua stanza.
L’organizzazione della Poor People’s Campaign continua. Si radunano persone provenienti da tutta la Nazione nello stesso luogo dove cinque anni prima King aveva tenuto il famosissimo discorso ‘I have a dream’
La volontà è di portare l’attenzione sulla povertà parlandone nella città più ricca di tutti gli Stati Uniti.
In quegli stessi giorni, mentre sta organizzando la sua campagna presidenziale, anche Robert Kennedy viene ucciso in un attentato a Los Angeles.
John Lewis, attivista del Movimento e sostenitore della campagna di Robert Kennedy, sostiene che questo è il momento in cui molti, tra loro, hanno iniziato ad elaborare e soffrire anche per la morte di Martin che fino a quel momento non avevano quasi voluto accettare.
Bobby Kennedy era un alleato di Martin e insieme stavano portando avanti molti progetti e molte battaglie.
Bianchi e neri si ritrovano a commemorare insieme sia Martin Luther King, sia Robert Kennedy.
Gli attivisti lasciano la Campagna e Resurrection City viene distrutta dalla Polizia.
Con la morte del Reverendo Martin Luther King Jr. ha fine, simbolicamente, il Movimento dei Diritti Civili degli anni Sessanta.
Il mondo sta cambiando; l’urgenza di vedere riconosciuti i propri diritti sta modificando le dinamiche e la forma delle proteste.
I decenni successivi saranno testimoni dei risultati ottenuti grazie al Movimento e della lunga strada ancora da percorrere per l’eguaglianza indiscriminata.
Fonti:
- Harry Hampton: ‘Eyes on the Prize‘